Sabato, 12 Aprile 2008 20:14

Psicoanalisi del cristianesimo

Scritto da  Gerardo

Nel seguito puoi leggere una sintesi, capitolo per capitolo, del lucidamente spietato saggio "Psicoanalisi del Cristianesimo", di Luigi de Paoli, che rappresenta il “tentativo di cogliere la struttura "inconscia" di una realtà complessa, qual è il Cristianesimo, che - da secoli - coinvolge miliardi di persone, cristiani e non-cristiani, ed influenza l'agenda politico-economico-culturale dell'Occidente”.
Il saggio appare per la prima volta integralmente online, in www.tevere.org, dove lo si può leggere, scaricare e stampare gratuitamente, anche nelle versioni in lingua inglese e spagnola (in francese tra un mese).

PSICOANALISI DEL CRISTIANESIMO
di Luigi de Paoli

Breve riassunto dei 6 capitoli

1° Capitolo

Il Cristianesimo nasce sulla scia di un uomo, Gesù di Nazareth, la cui persona ha acquisito un posto di rilievo nella coscienza universale per aver sradicato Dio dal Tempio e dalla casta sacerdotale per poi radicarlo nel cuore dell’umanità (Emmanuele = Dio è con noi). Permeato di amore fiducioso in Jahvè e di passione profetica per gli indifesi, Gesù contrasta la cultura di una società che idolatra l’imperatore, testimonia con un gruppo di amici ed amiche “senza fissa dimora” che è possibile costruire un “network anti-idolatrico” (Regno di Dio) in modo simile a quel “lievito” che fa crescere lentamente la comunità umana attraverso l’azione impercettibile e felpata dei puri di cuore, dei bambini, degli umili, dei pacifici, dei perseguitati.
S’inoltra verso i confini estremi della sofferenza e della beatitudine, facendo i conti con le pulsioni (“tentazioni”) al dominio onnipotente e al profitto individuale che travagliano la condizione umana. Insegna che la piena umanizzazione non è esente da contrasti e persecuzioni e che la “religione vera” consiste nel prendersi cura di quanti vivono nell’indigenza, facendo nascere in loro la fiducia che “un altro mondo è possibile” e che persino la fame può essere vinta se i più generosi mettono a disposizione i loro “cinque pani e cinque pesci”. Prega il Padre “nostro” e non “mio”. Quale figlio consapevole dei propri limiti gli chiede che “perdoni i peccati e liberi dalle tentazioni” tutte le creature, lui compreso. Per aver osato rivelare che all’interno delle religioni si mimetizzano rispettabili ipocriti e ambigui mercanteggiamenti con l’impero, è crocifisso come sovversivo.

2° Capitolo
La radice ebraica del Nazareno si assottiglia progressivamente, come pure il suo modo di parlare, popolare e ricco di metafore. Alcuni Apostoli ed Evangelisti dimenticano le guarigioni, gli esorcismi e le beatitudini. La morte in croce è oggetto di differenti interpretazioni: dapprima è il “capro espiatorio” della violenza delle autorità israelitiche in combutta con quelle romane, poi è la “vittima” richiesta dal Padre stesso allo scopo di togliere i peccati del mondo. Se all’inizio è “un uomo accreditato da Dio”, successivamente è “esaltato da Dio al di sopra di tutti gli esseri, è l’Alfa e l’Omega”.
Le comunità dei primi due secoli rimangono fedeli alla struttura fraterna e alternativa delle origini a costo del martirio, ma iniziano inconsciamente una doppia mutazione del Nazareno: quella dell’idealizzazione che coesiste con quella della castrazione. È promosso a Figlio di Dio, Signore del Cielo, Redentore, Messia, ma è contemporaneamente degradato a Agnello di Dio, Figlio obbediente, inviato dal Padre”. Lo si eterna e divinizza al punto da rendere quasi indecifrabile l’obiettivo storico per cui rischia la propria vita: “portare il lieto messaggio ai poveri, liberare i prigionieri e gli oppressi, ridare la vista ai ciechi” e perdonare gli aguzzini.

3° Capitolo
La persecuzione di cui sono oggetto i cristiani per tre secoli cambia radicalmente con Costantino, che concede loro piena libertà di culto (313) al prezzo di usare la Croce come simbolo di trionfante auto-elevazione sui rivali. I vescovi, una volta integrati nel sistema imperiale da cui ricevono consistenti vantaggi sociali e patrimoniali, affidano all’Imperatore “pagano” la convocazione e la supervisione del primo Concilio per la composizione dei conflitti teologici (Nicea, 325). Uno dei successori, Teodosio, dichiara il Cristianesimo religione dell’Impero e dichiara “delitto contro lo Stato” la disobbedienza al dogma. La confusione dei ruoli e dell’identità imbastardisce sia lo Stato, che diventa una fonte ufficiale della dottrina e della disciplina cristiana, sia la Chiesa, che accetta privilegi e competenze temporali mai ammesse in precedenza. La degenerazione ecclesiastica non tarda a comparire, rilevata da autorevoli Padri della Chiesa. Il “disordine narcisistico” che caratterizza la condotta di Costantino, mosso da grandiosità, desiderio di trionfo e aggressività criminale, contagia la Chiesa che da “perseguitata diventa persecutrice”.

4° Capitolo
La conversione forzata, la difesa della guerra giusta e le angherie verso gli ebrei penetrano nel tessuto ecclesiale trovando una legittimazione teologica soprattutto con Agostino (IV-V secolo). Influenzato da una cultura manichea e da esperienze familiari di dominio-sottomissione, ritiene che la condizione umana sia segnata da rapporti asimmetrici di superiorità-inferiorità tra anima e corpo, tra i pochi predestinati al Paradiso e i molti all’Inferno, tra battezzati e non battezzati, tra uomo e donna, tra vergini e sposati, tra la città terrena orientata al male e la città di Dio (la Chiesa) orientata al bene. Macchiato da un “peccato originale” che si trasmette con l’atto sessuale dei genitori, ogni cristiano impara che è bersagliato da Dio a causa di una colpa mai commessa, della quale può sbarazzarsi parzialmente attraverso il battesimo, oppure ricorrendo a un’ascesi auto-denigratoria (masochista) o perseguendo pagani e dissidenti allo scopo di godere del piacere (sadico) di essere un “crociato” del bene contro il male inconsciamente proiettato sui “diversi”.

5° Capitolo
Nella misura in cui si allenta l’interesse per la storia e per il vissuto del Nazareno, le Chiese, soprattutto quella Cattolica romana, tendono inconsciamente a modellarsi secondo le due nature a lui attribuite. Quella “divina” è rappresentata dalla “sacra Gerarchia”, che parla e agisce come se fosse Dio. Quella “umana” è costituita dalla massa dei “battezzati laici” con il ruolo del “servo obbediente” cui spetta il compito di assecondare la volontà dei “pastori”. Se il Nazareno diceva “alzati e cammina”, le sacre Autorità ordinano: “siediti e taci”.
Avallando la duplice immagine di Dio – da un lato liberatore-salvatore-redentore e dall’altro dominatore-vendicatore ingiusto – i cristiani restano intrappolati in una “incarnazione contraddittoria”. Impersonano la carità verso i miserabili, la compassione verso i deboli, la comprensione verso lo straniero; contemporaneamente esibiscono una superiorità etica e appoggiano sistemi che idolatrano il denaro, difendono la legge del più forte e incrementano le ingiustizie.
L’Io ecclesiale (di tutte le Chiese cristiane) non ha le risorse per contenere il disordine narcisistico, non avendo internalizzato l’Io forte del Gesù storico, maturato in comunità caldamente affettuose, a partire dalla propria famiglia. La conseguenza è che al posto di un Corpo mistico c’è un “corpo frammentato” in mille Chiese incapaci di pregare insieme e di liberare poveri ed emarginati.

6° Capitolo
Una rappresentazione della mutazione che subiscono inconsapevolmente le Chiese cristiane è offerta dalla celebrazione eucaristica, che cessa di essere un banchetto di amici ed amiche riuniti per rivivere una Liberazione, sia attraverso la memoria dell’Esodo che del Risorto. Regredisce all’antico rito del “sacrificio” in un Tempio sacro, dove al posto dell’animale subentra Gesù, l’Agnello che toglie i peccati del mondo con la propria auto-immolazione.
La struttura sacrificale è ben teatralizzata dalla scissione dell’assemblea: da una parte il “celebrante-sacrificante”, ubicato dietro un altare o seduto su di un trono, dotato di potere e di parola; dall’altra i “fedeli-sacrificati”, addestrati ad obbedire ai segnali convenzionali del ministro ordinato, che esige loro il sacrificio di rifiutare ogni forma di dialogo, saluto, abbraccio o confessione reciproca. A conferma che il Cristianesimo non è una comunità-corpo, le cui parti si aiutano mutuamente e teneramente, ma una “massa” senza relazioni verbali ed affettive, divisa artificialmente tra “pastori” e “pecore”.

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